Comune di Trieste – Seduta movimentata
Si riporta la cronaca, come registrata dal sottoscritto Nicola Natalé, di quanto accaduto ai quattro militanti radicali recatisi ad assistere alla seduta del consiglio comunale di Trieste dell’11 maggio 2009 avente all’ordine del giorno la discussione della petizione per l’istituzione di un registro comunale sul testamento biologico, petizione raccolta in occasione dei tavoli per le firme tenuti a Trieste nei mesi scorsi, e presentata dopo aver superato l’iter previsto dal regolamento e dallo statuto comunale (controllo delle firme, audizione dei promotori in commissione).
Intorno alle 18.30 i quattro militanti radicali, Clara Comelli, Marco Gentili, Stefano Mussilli e il sottoscritto prendono posto, previa registrazione dei propri documenti d’identità e muniti di regolare tesserino di autorizzazione, nella tribuna della sala consiliare riservata agli spettatori: preciso che ciò avviene in maniera ordinata e senza alcuna segnalazione della propria appartenenza (ahinoi non avevamo la stella gialla…).
Per circa un’ora si susseguono le interrogazioni rivolte dai consiglieri alla giunta secondo la formula del “question time”, durante le quali più volte vengono rivolti rumorosi apprezzamenti (fischi e applausi ironici) da parte dei consiglieri della minoranza all’indirizzo del sindaco e degli assessori, uno dei quali si produce anche in gesti scomposti e volgari: in un’occasione il Sindaco interviene con un gesto della mano sulla spalla del Presidente per evitare che questo richiami all’ordine per la terza volta e dunque espella un consigliere della minoranza particolarmente rumoroso.
Terminata questa fase, dopo una breve pausa, intervengono prima un consigliere della minoranza e poi uno della maggioranza per ricordare un sindacalista della Cisl e delle Acli, ex dipendente comunale, recentemente scomparso. A questo punto il Presidente del consiglio Sergio Pacor (PDL) chiede di osservare un minuto di silenzio in onore del defunto che i presenti ritengono di dover accompagnare alzandosi in piedi; restano seduti tre dei quattro militanti sopra ricordati ad eccezione di Marco Gentili, già da prima in piedi in un angolo della sala: il tutto dura meno di 10 secondi durante i quali i quattro militanti radicali mantengono il più assoluto silenzio ed un atteggiamento non meno che rispettoso.
Segue l’intervento di una consigliera della minoranza in ricordo di una attivista dei diritti delle donne recentemente scomparsa per la quale il Presidente Pacor chiede ancora una volta il minuto di silenzio. Ancora una volta la pressoché totalità dei presenti si alza in piedi mentre i tre militanti radicali, coerentemente con quanto fatto prima, restano nuovamente seduti ed in silenzio.
Immediatamente il Presidente del consiglio, indicando con dei movimenti della mano i tre seduti, con tono severo ed alterato ordina loro di alzarsi dicendo all’incirca “voi, alzatevi!”, al che il sottoscritto e Stefano Mussilli, con qualche esitazione, si alzano mentre Clara Comelli rimane seduta; il Presidente ancora una volta, con tono ancora più perentorio, ordina di alzarsi o di andarsene e subito dopo che il sottoscritto ha pronunciato, in modo chiaro ma composto, la frase “Il silenzio è silenzio, nient’altro”, il Presidente ripete a Clara Comelli “si alzi, vergogna!” e chiede l’intervento della polizia municipale per allontanarla dall’aula dopo che la stessa Comelli ha rivolto al presidente la frase “Ma che fai, mi dai gli ordini!?”.
Clara Comelli esce dall’aula accompagnata dall’agente di polizia municipale e dalle urla “vergogna, vergognati etc.” di molti consiglieri della maggioranza e di un giornalista di una testata di lingua slovena presente tra il pubblico: gli altri tre militanti radicali escono con lei per solidarietà.
Questi sono i fatti, chi vorrà potrà trarne conclusioni e azioni conseguenti. Come elemento di giudizio, almeno in termini legali, può essere utile leggere quanto riportato dal Regolamento comunale in materia di espulsione dall’aula, come fornitomi da Marco Gentili che ringrazio:
Art. 25 Sedute pubbliche 1. Il pubblico è ammesso in sala fino all’esaurimento dei posti disponibili nello spazio ad esso riservato, deve rimanere in silenzio e astenersi dal manifestare, in qualunque modo, approvazione o disapprovazione; è altresì vietata l’esposizione di manifesti, striscioni o simili.
Art. 27 Disciplina del pubblico 1.Il Presidente è tenuto, se necessario avvalendosi dell’assistenza del corpo della Polizia Municipale ad ordinare, dopo due richiami, l’intervento di questa e, se del caso, a disporre l’espulsione di quanti arrechino disturbo al regolare svolgimento della seduta.
Ciò che sembra potersi evincere dall’art. 25 è che non è prevista l’espulsione di quanti coloro “non mettano in atto alcunché” come avviene nel caso di chi rimane seduto mentre altri si alzano, perché allora dovrebbe anche valere il contrario e cioè che dovrebbe venire espulso anche chi si alza, qualora altri non ritengano di farlo, visto che l’articolo in questione recita “il pubblico…deve…astenersi dal manifestare, in qualunque modo, approvazione o disapprovazione”: a mio avviso ciò comporta l’equivalenza dei due comportamenti, alzarsi o no.
In ogni caso, al di là delle interpretazioni strettamente legali, resta il fatto di una inaccettabile prevaricazione autoritaria perpetrata da parte di un consiglio comunale, in primis nella persona del suo presidente ed in maniera anche più grave da parte dei suoi componenti che accompagnando l’uscita di una persona con le frasi sopra riportate hanno marcato, loro sì politicamente, la decisione del Presidente del consiglio comunale.
Di fatto è stato impedito ad un cittadino libero di assistere ai lavori e, di conseguenza, ciò è stato impedito anche, politicamente, agli altri appartenenti al gruppo di cui questo cittadino era parte in quel momento. Per non parlare della completa cancellazione dell’espressione della libertà di pensiero e di espressione, veicolate anche con un gesto quale quello di rimanere seduti. Grazie per l’attenzione.
Nicola Natalé (ex tesoriere dell’associazione radicale RXFVG)
NOTA: Sono dell’idea che l’invito può essere non accolto (infatti si parla sempre che il presidente INVITA e non ORDINA) e che comunque questo comportamento non può essere sanzionato con l’espulsione in quanto non ostacola i lavori.
Io personalmente avrei raccolto l’invito, ma queste sono decisioni personali.
Marco Gentili